Data l’epidemia di Coronavirus che ha investito il nostro Paese e il resto del mondo, sono state previste diverse misure per contenere il contagio fra le persone.

Come sono state limitate al massimo le occasioni di socialità e di contatto (ad esempio tramite la chiusure in certi orari di ristoranti e bar e la chiusura temporanea di palestre, cinema e teatri), così viene incentivata la possibilità di svolgere lavoro da casa tramite la modalità di lavoro “agile”, detta smart working.

Sono tantissimi i lavoratori che oggi si trovano a svolgere lavoro da casa in modalità smart working.

Ma cosa succede se ci si mette in malattia in smart working?

C’è bisogno di mandare il certificato?

Il lavoratore che lavora in smart working ha gli stessi obblighi previsti per i lavoratori che svolgono il proprio lavoro in azienda.

Il lavoratore in smart working deve sottoporsi alla visita da parte del proprio medico curante che deve trasmettere, in maniera telematica, il certificato di malattia all’INPS.

Nel caso il medico curante non possa inviare telematicamente il certificato, il lavoratore in smart working deve farsi rilasciare:

l’attestato di malattia, da inviare all’azienda entro due giorni dal rilascio;
il certificato di diagnosi, da consegnare all’INPS entro due giorni dal rilascio.

Nel caso di lavoratore in quarantena (o in isolamento precauzionale) che, a seguito di accordi con il proprio datore di lavoro, continui a svolgere il proprio lavoro in modalità smart working, non c’è il diritto all’indennità economica di malattia, tranne nel caso in cui la malattia sia conclamata e possieda la relativa certificazione del proprio medico curante.

Questo è quanto ha dichiarato l’INPS con il messaggio n. 3653 del 9 ottobre 2020, specificando le condizioni per cui un lavoratore che svolga il proprio lavoro in modalità smart working possa considerarsi in malattia.