Il congedo parentale permette ai genitori di esimersi dal lavoro per un periodo di tempo determinato (5 o 6 mesi ciascuno o 11 mesi cumulativi) per assistere il proprio figlio; ricevendo un’indennità del 30 % (percentuale calcolata sul loro stipendio mensile) e con la possibilità di usufruire di questo “mini-stipendio” se il figlio non ha superato gli 8 anni di età, il congedo parentale prevede essenzialmente una diminuzione del 70 % rispetto alla originaria retribuzione mensile.
Per esempio, se il padre (o la madre), lavoratore dipendente, percepivano – in condizione retributive normali – uno stipendio di 1500 euro mensili, adesso, in condizioni retributive “di congedo parentale” percepiranno 450 euro (ogni mese).
Congedo parentale, a chi è rivolto
Prima di tutto è bene capire come funziona la parentale è rivolto a genitori naturali, affidatari (anche
plurimi) ed adottivi. Per i genitori naturali ed, ovviamente, entro i 12 anni di vita del figlio, spetta un
periodo complessivo di congedo per i due genitori di 10 mesi, aumentabili ad 11 in determinate
circostanze. La l. 228 del 24 dicembre 2012 ha inoltre regolamentato la possibilità di frazionare ad ore il congedo parentale, rimandando alla rispettiva contrattazione collettiva di settore il funzionamento del congedo su base oraria e anche “[…] i criteri di calcolo della base oraria e l’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa” (fonte: INPS).
Lo stipendio che spetta, quindi, in congedo parentale subirà una diminuzione attorno al 70 %,
passando dal 100 % al 30 %. Tuttavia, se si pensano ai benefici derivanti dall’usufruire del congedo
parentale (ovvero, la possibilità di accudire il figlio in completa libertà e senza alcuna restrizione), ci si
rende conto di quanto sia diventata necessaria questa istituzione. Grazie alla normativa sul congedo
parentale si è riusciti a disciplinare un settore molto spesso lasciato in balia della sorte e delle volontà
delle singole parti.
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